Quando la rete diventa un problema. Psicopatologie da internet (prima parte)

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Sono passati 22 anni da quando lo psichiatra americano Ivan Goldberg, volendo fare uno scherzo ai membri del sito PsyCom.Net, inventò un disturbo chiamato Internet Addiction Disorder (ovvero “Disturbo da Dipendenza da Internet”) inviando a tutti una parodia del DSM (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali) in cui questo nuovo disturbo compariva per la prima volta. Da allora sono comparsi centinaia di siti che offrono informazioni, prestazioni professionali, possibilità di confronto tra utenti, punti di ascolto, nomi di librerie on-line specializzate, ma soprattutto pazienti.

Sono infatti migliaia le persone che vengono oggi diagnosticate come “dipendenti da Internet”…ma loro lo sanno?? Prima di rispondere a questa domanda facciamo un passo indietro.

Alla sua comparsa Internet è stato per anni considerato come un mondo alternativo distinto dalla realtà: tradizionalmente si riteneva che attraverso la Rete fosse possibile svolgere numerose attività (cercare informazioni, comunicare, chattare..)senza però avvicinarsi minimamente alle possibilità relazionale e comunicative del mondo esterno, fatto di carne ed ossa e di individui concreti con “patente” di vera realtà.
Ma tutto ciò che è creduto è reale e, come tale, ha degli effetti, per cui la costruzione di una realtà basata su Internet, sempre più complessa e ricca di interazioni ha portato un mondo, dapprima sottomesso ed alternativo, a livelli di dignità e di importanza all’inizio impensabili.
Matrimoni falliti, perdita del posto di lavoro, esami non superati, bocciature scolastiche, fenomeni di bullismo, gogne mediatiche, patrimoni dilapidati sono solo alcune delle esperienze riportate in letteratura, e nei nostri studi clinici, come effetto dell’utilizzo di Internet.

La letteratura scientifica ha già da vari anni dimostrato che al presenza di un mezzo tecnologico non determina l’annullamento degli aspetti emotivo-cognitivi di una situazione. Anzi, la realtà di Internet sembra esee diventata un “come se” fin troppo ben riuscito, un virtuale che si è emancipato ed è diventato reale liberandosi del ruolo di artefatti di serie B. il virtuale, con i suoi effetti personali ed interpersonali, si sta sostituendo sempre di più al reale e con questo ci stiamo appunto confrontando anche in ambito clinico.

Presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo avevamo trattato casi legati all’uso di Internet ancora prima che la patologia stessa esistesse in ambito accademico. Questo ci aveva permesso di pubblicare nel 2002 un primo studio sperimentale di 79 casi legati all’utilizzo patologico di Internet, definendo manovre terapeutiche specifiche per specifiche dinamiche patologiche.

Forse sbagliando da un punto di vista commerciale, lo avevamo intitolato appunto “Perversione in Rete”(autori Giorgio Nardone e la sottoscritta, Ponte alle Grazie) per sottolineare anche nel titolo la nostra distanza da concetto di dipendenza, strutturata sui principi di tolleranza, astinenza e craving (smania).

Il lettore che ha già una certa dimestichezza con il nostro modello noterà ciò che ci contraddistingue da un approccio di questo tipo, per noi applicabile esclusivamente all’utilizzo di sostanze (e nemmeno tutte!!). Ciò che ci aveva permesso infatti di trattare una patologia allora ancora “inesistente” è la sua somiglianza ad un disturbo da noi da sempre trattato con successo: il vomiting.

Infatti, se nelle dipendenza il meccanismo che porta al ripetersi del comportamento disfunzionale è l’esigenza di attenuare la sindrome da astinenza, nel vomiting il ripetersi della sequenza mangiare-vomitare (solo inizialmente attuata nel tentativo di controllare il proprio peso) diviene, a poco a  poco, un rituale sempre più piacevole, cioè una perversione.

Anche nell’utilizzo di Internet abbiamo notato sin da subito come non sia in realtà il bisogno di attenuare le sensazioni negative date dalla sospensione del suo utilizzo (l’astinenza), a mantenere l’utente intrappolato nella Rete, bensì la ricerca di sensazioni piacevoli che, a seconda del tipo di dinamica, rendono la presenza su internet non solo inevitabile ma in costante aumento. E’ vero quindi che si può parlare di un comportamento compulsivo (come tanti sottolineano), ma con l’importante differenza che questo tipo di compulsione si basa sul piacere anziché sulla paura. Ed è proprio perché si basa su una sensazione fondamentale come il piacere che è così difficile eliminarlo.

Ogni patologia ha le proprie tentate soluzioni, sia personali che familiari, ed anche quelle legate all’uso di Internet sono la prima serratura in cui noi inseriamo la chiave per cominciare a lavorare. Essendo l’area di patologie in cui il paziente risulta essere il meno consapevole di avere il problema è anche quella in cui la dinamica creata dalla famiglia risulta essere la più importante.

E’ infatti la famiglia (o in generale la persona più strettamente legata alla persona intrappolata) ad avvertire per prima la situazione come problematica. Le dinamiche più frequenti sono basate su costanti conflitti, tentativi falliti di far cessare o almeno ridurre il comportamento “eccessivo o malato”, punizioni (soprattutto nei casi di genitori e figli), sabotaggi, ecc.

Impossibile in questa sede entrare nello specifico di ogni singola manovra attuabile in ogni specifico caso, ma è importante sottolineare che senza un lavoro sulla comunicazione e relazione all’interno della dinamica familiare risulta praticamente impossibile lavorare su questo tipo di patologia, proprio per l’aspetto di inconsapevolezza del paziente, che mai come in questo casi, può opporsi e resistere all’idea di cambiamento. Guidare quindi le persone coinvolte, sia una sola o di più, a gestire “strategicamente” il paziente è parte integrante del processo terapeutico che vede la maggior parte del lavoro avere come protagonisti principali quelle che in realtà nella vita del paziente sono giunte ad essere delle comparse!

Descriveremo quindi brevemente tre tipi di disturbo legati all’utilizzo del denaro on-line, per rimandare ad una secondo articolo tutta la parte “relazionale” dei disturbi legati all’utilizzo di Internet, compreso l’aspetto del sesso on-line.

Volendo entrare nel dettaglio delle patologie specifiche sopracitate, lo shopping compulsivo on-line, comunemente descritto in letteratura come un disturbo caratterizzato da un impulso incontrollabile e da una tensione crescente alleviata solo comprando, presentandosi fin dal principio come qualcosa di divertente e piacevole, vede la sua escalation patologica proprio nel non poterne più fare a meno. La manovra elettiva fa infatti leva proprio sul rendere sgradevole una cosa piacevole: viene infatti solitamente chiesto al paziente di spendere obbligatoriamente e quotidianamente una piccola somma di denaro in acquisti on-line. Il  rituale piacevole così trasformato in tortura giornaliera viene solitamente pian piano abbandonato nel corso della terapia.

L’on-line gambling (scommesse in rete) con l’avvento di Internet può riguardare chiunque. Se infatti un tempo l’immagine del giocatore ci faceva pensare a Dostoevskij o a De Sica, oggi il giocatore d’azzardo patologico può essere un ragazzino del liceo, un impiegato, un anziano in pensione ecc.. Il gioco d’azzardo in Rete può infatti rappresentare un problema sia per chi ha scoperto l’ebrezza del gioco grazie a Internet, sia per chi, già da prima, frequentava luoghi dediti a scommesse. Internet infatti ne facilita l’accesso e ne amplifica il godimento. Come nello shopping, rendere sgradevole, obbligando il paziente ad una piccola scommessa quotidiana, diviene la chiave di volta della terapia che però, a differenza del caso precedente, dovrà spesso poi procedere alla ricostruzione del livello affettivo-relazionale, solitamente danneggiato dalla patologia.

Come nella maggior parte delle cose, nemmeno le psicopatologie sono esenti da pregiudizio. Essendo il gioco in borsa (trading on-line) un’attività che richiede capacità e competenze da non essere alla portata di chiunque, pare non essere considerato un problema nemmeno in evidenti casi di perdita di controllo. Lo stato d’animo del “trader” patologico oscilla costantemente tra due estremi: paura e avidità. La paura è legata alla perdita della somma di denaro investita, ma viene scalzata dall’ansia di perdere un buon affare. Il superamento della paura crea quel giusto grado di eccitazione che, uniti alla possibilità, spesso raggiunta, di guadagnare ingenti somme di denaro, sfociano nell’irrazionale.

Qui, la “vittoria” assume significati legati alle proprie capacità e competenze ben più importanti della semplice fortuna, avendo come conseguenza una sensazione di onnipotenza. Internet, nel contempo, aumenta la sensazione di controllo della realtà, monitorata infatti 24 ore su 24. Ci sono quindi in questo caso due versanti del disturbo: quella del piacere e quella del controllo che fa perdere il controllo e su entrambe occorre lavorare contemporaneamente, tenendo presente che i pazienti arrivano in terapia solo a danno fatto.

Dott.ssa Federica Cagnoni (Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica)

BIBLIOGRAFIA
Nardone, G., Cagnoni, F. (2002) Perversioni in rete, psicopatologie da Internet ed il loro trattamento, Ponte alle Grazie.

 

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