Una importante questione da chiarire è la frequente confusione tra paura e ansia, o addirittura l’inversione del processo psicofisiologico che lega la percezione di uno stimolo minaccioso alla reazione fisiologica di attivazione dell’organismo a tale sensazione. La paura è una percezione che attiva risposte fisiologiche, la più immediata delle quali è l’aumento del battito cardiaco, del ritmo respiratorio e del riflesso elettrogalvanico, che attiva l’organismo, nell’ordine dei millesimi di secondo, all’eventuale fuga o lotta.
Quando l’insieme di queste reazioni si mantiene per un tempo più prolungato dell’immediata risposta allo stimolo, è definito ansia. Pertanto l’ansia non è una reazione patologica, ma la naturale risposta di attivazione
del soggetto a una sensazione di minaccia. Diviene patologica solo quando supera la soglia della funzionalità,
conducendo l’organismo a un vero e proprio tilt psicofisiologico: il panico.
Talvolta, in soggetti che hanno sperimentato ripetutamente attacchi di panico, un’attivazione sana dell’ansia viene vissuta con timore perché interpretata come preludio di un’escalation psicofisiologica che conduce all’attacco di panico. In altri casi l’ansia può essere costantemente elevata a causa di fattori stressanti di vario tipo.
L’individuo avverte una sensazione permanente di minaccia temendo che la condizione possa esplodere nel panico da un momento all’altro. Paura e ansia pertanto si influenzano in maniera circolare, l’una è effetto dell’altra, ma l’effetto può a sua volta trasformarsi in causa. Ciò che però fa la differenza è che se si impara a gestire la paura si controlla anche l’ansia, mentre se si cerca di ridurre solo l’ansia non si rimuove la paura. Come scrive il noto neuroscienziato Antonio Damasio, se una persona affetta da paura patologica viene sedata nelle sue reazioni di ansia, si blocca l’attivazione fisiologica ma non si elimina la percezione della paura. È come ingessare qualcuno e sottoporlo poi a stimoli minacciosi; non potrà reagire, ma proverà paura (inoltre, la sedazione farmacologica attraverso ansiolitici il più delle volte conduce, dopo qualche mese, a effetti paradosso, alimentando l’ansia anziché ridurla).
Possiamo pure imparare una tecnica di rilassamento: questa, ammesso che si riesca ad applicarla a un accesso di paura, controlla la mia reazione, ma non cambia la mia percezione. Il lavoro di ricerca in campo clinico sul trattamento dei disturbi fobici e degli attacchi di panico ha contribuito alla messa a punto di protocolli di terapia breve strategica applicata a decine di migliaia di casi in ogni parte del mondo con successi decisamente elevati: in
oltre il 96% dei casi si è giunti alla totale estinzione del disturbo nell’arco di pochi mesi. Ciò dimostra come l’effettivo superamento della paura invalidante e dell’ansia oltre una certa soglia richieda un cambiamento delle percezioni del soggetto riguardo a ciò che è vissuto come spaventoso, producendo un riallineamento dei parametri fisiologici di attivazione dell’organismo entro le soglie funzionali.
Tale condizione, ovvero la trasformazione di ciò che fa paura in qualcosa di gestibile, restituisce alla persona il senso di controllo di sé e della circostanza che teme. Inoltre, il meccanismo dell’ansia si mantiene entro una soglia per cui rimane un’utile e sana attivazione adattiva alla circostanza.
Giorgio Nardone
(cofondatore e direttore del Centro di Terapia Strategica)
tratto dal libro La paura delle decisioni (2014)