Negli ultimi anni la famiglia è profondamente cambiata, così come sono cambiati i modelli educativi proposti dalla televisione e dai social-media, ormai abbandonato e bollato come inappropriato se non dannoso il modello autoritario che era molto in voga negli anni precedenti, il modello democratico-permissivo e il modello iperprotettivo hanno preso campo fra i genitori come i più auspicabili e funzionali.
Per chiarezza userò le descrizioni di questi due modelli utilizzando quello narrato in “Modelli di famiglia” (Nardone, Rocchi & Giannotti, 2001)
Modello Democratico Permissivo
L’idea più in voga negli ultimi anni è che il bambino non debba essere in nessun modo obbligato né persuaso a fare delle scelte, che ogni cosa debba essere spiegata dettagliatamente fin dalla più tenera età, che debba avere la possibilità di scegliere sempre, altrimenti potrebbe essere traumatizzato e non avere autostima da adulto.
Il tipo di educazione e di modello di famiglia che seguirà il genitore che condivide queste idee, sarà il modello democratico-permissivo dove troneggia l’assoluta assenza di gerarchia, i presupposti che sono stati notati con maggior frequenza sono i seguenti:
- Le cose vano fatte per convincimento per consenso e non per imposizione;
- Il consenso si ottiene con il dialogo fondato su argomenti validi e ragionevoli;
- Le regole vanno concordate;
- La contrattazione è l’unico nemico della prevaricazione;
- Il fine principale da perseguire è l’armonia e l’assenza di conflitto;
- Tutti i componenti della famiglia hanno gli stessi diritti.
Questo tipo di modello, pur avendo dei principi che se adeguatamente dosati e adattati alle diverse età, potrebbe avere anche dei validi fondamenti, nel caso in cui venga applicato pedissequamente fin dalla più tenera età può risultare dannoso, caricando i bambini di responsabilità che non sono in grado di affrontare e automaticamente deresponsabilizzando il genitore che perde così il ruolo genitoriale ed educativo.
In questo modo i bambini incapaci di fare scelte, sprofonderanno nell’insicurezza, senza regole dovranno crearsene delle proprie, non saranno in grado di riconoscere l’autorità e la gerarchia nella scuola e nel lavoro, penseranno che tutto possa essere contrattato e che tutto possa essere frutto di una scelta, per poi scontrarsi nell’adolescenza con un mondo che non combacia con quello conosciuto fino a quel momento.
Modello Iperprotettivo
Al secondo posto nei modelli in voga c’è il modello iperprotettivo, frutto di una generazione in cui il figlio unico è la regola, normalmente avuto in età avanzata e oggetto delle attenzioni di tutta la famiglia. Il genitore che adotta questo modello tende a tutelare eccessivamente il figlio, preservandolo da ogni contatto col mondo che potrebbe danneggiarlo o che potrebbe farlo soffrire, in questo caso il genitore si sostituisce al figlio, lo anticipa, lo accontenta in tutto, le regole sono arbitrarie e sostituibili, le punizioni e le conseguenze delle proprie azioni inesistenti.
Il risultato è che “non è importante impegnarsi più di tanto” perché:
- Non si va incontro a conseguenze temibili;
- I genitori o i nonni possono intervenire e risolvere tutto;
- I premi e i regali non dipendono più da cosa faccio o dai risultati che ottengo poiché esisto e sono straordinario, le cose mi aspettano di diritto e non devo faticare per ottenerle.
Anche questo modello in se per sé contiene cose buone se applicate con giusta misura e in maniera occasionale , ma se adottato come modello educativo prevalente ci troveremo davanti un bambino che non avrà modo di imparare dalle piccole sfide in cui si va in contro da piccoli, un bimbo che non si fortificherà con le piccole battaglie che combatterà tutti i giorni, un bimbo che non conoscerà cos’è la noia , cosa vuol dire perdere e rimanere comunque in piedi per poi scoprirlo da adolescente quando il modo esterno presenterà un conto ben più salato.
Talvolta questi modelli Educativi sono adottati a pieno, altre volte ci sono anche famiglie che oscillano tra uno e l’altro, in entrambi i casi comunque al centro della famiglia c’è “il bambino re” che ha il potere e dove i genitori faticano ad avere una funzione educativa, o meglio si astengono dall’educazione pensando che essa sia una forma educativa.
Il fallimento del “bambino re”
“La famiglia bambino- centrica” già ormai ipotizzata da circa un decennio, si è poi andata consolidando sempre di più verso “una società bambino- centrica” dove l’iper-tutela è diventata la norma.
I bambini di oggi non sono più parte della famiglia, ma incarnano la famiglia stessa, essa ruota intorno alle esigenze del bambino che pian piano alzerà la posta man mano che diventerà adolescente.
L’iper-protezione porta i genitori a dare la colpa del fallimento dei loro figli all’esterno, alla scuola, agli insegnanti, agli altri compagni, ma mai alla famiglia stessa e tantomeno al proprio figlio.
Il “ bambino RE” tutto può e tutto decide, deve essere costantemente compiaciuto, supportato, capito, assecondato, con la strada spianata ,purtroppo però il suo destino sarà quello di scontrarsi con un mondo esterno dove questo non può esistere.
Ed ecco che il “ bambino RE” viene mandato a combattere senza armi la battaglia della vita, dove ci sono fallimenti, dove ci sono persone più brave di lui, dove non basta desiderare una cosa o chiederla per ottenerla, ecco che l’impatto con la realtà diventa ingestibile, tremendo.
Nell’ultimo decennio c’è stato un incremento sostanziale delle patologie in età adolescenziale in particolar modo di patologie come la depressione, gli attacchi di panico, i disturbi alimentare, disturbi ossessivo-compulsivi o fughe dalla realtà in una vita virtuale dove si può essere perfetti e non si può fallire.
Ecco che il “bambino re “ha bisogno di esser bullo per prevaricare o vittima per dare la colpa del proprio fallimento agli altri, ecco che arriva il suicidio adolescenziale quando la realtà è troppo distante dall’ideale del nostro io, ecco che si procrastina il lavoro, la famiglia, un’indipendenza, troppe responsabilità da accettare meglio continuare a vivere ed essere accuditi dai nostri genitori.
Famiglie smarrite e social-media
Questa è la vera innovazione che si è inserita nella famiglia, l’accesso indiscriminato alle informazione dove non c’è più distinzione tra scientifico e opinione personale, dove l’articolo di un blog ha lo stesso impatto di quello di un professionista, genitori che si devono districare tra mille teorie e opinioni , smarriti alla ricerca di modelli che si fondono che si contraddicono fra di loro e che li lasciano soli e ostaggi dei propri figli, atterriti dai loro capricci, una società dove la disciplina e l’educazione sono diventati soggettivi e non più oggettivi, dove il genitore muore dai sensi di colpa se cerca di imporsi, se cerca di gestire il figlio.
Non c’è più una famiglia di origine allargata come una volta a prendersi cura della nuova famiglia che nasce, non ci sono nonne, zie, vicini di casa come una volta che aiutavano e supportavano i neo genitori, e se ci sono ormai vengono considerate dispensatrici di teorie obsolete perché negli ultimi decenni il mondo è cambiato, e quindi non si sa più chi ascoltare, l’altra neo mamma?, la suocera?, ed ecco che il mondo di internet sembra sempre una soluzione veloce e fruibile, per poi però uscirne più confusi di prima.
Famiglie che chiedono aiuto
Le famiglie hanno bisogno di aiuto, hanno bisogno di essere supportate di avere una guida, risposte e tecniche alla loro portata per poter gestire quelle situazioni che sono sfuggite di mano, capricci infiniti, insonnia dei bambini, bambini che non mangiano o mangiano troppo, paure e fobie, difficoltà relazionali e tanto altro.
Lo psicologo attraverso il dialogo strategico è in grado di analizzare il del modello familiare adottato, le strategie usualmente usate in famiglia, ciò unito ad un’analisi accurata delle tentate soluzioni introdotte dai genitori per gestire la situazione e la gestione dei momenti di crisi, capisce quale intervento può calzare al problema, creando un intervento ad hoc per la specifica famiglia.
Molto spesso sono le tentate soluzione del problema messe in atto all’interno della famiglia a generare e mantenere il problema stesso, creando un circolo vizioso senza fine. Con i minori di 12 anni nella Terapia strategica Breve è preferibile adottare una terapia “indiretta” ossia eleggere a co-terapeuti i genitori senza coinvolgere direttamente il bambino in seduta, e far in modo che il loro comportamento cambi costantemente nei giorni successivi alla terapia secondo indicazioni precise date dal terapeuta, per poter agire in maniera diretta sul minore e sulle dinamiche familiari disfunzionali.
Attraverso la collaborazione con i genitori, aiutandoli a riprendere il loro ruolo genitoriale e ad esplicare nuovamente la loro funzione genitoriale, la loro funzione contenitiva e di guida dei propri figli rispettando le naturali inclinazioni della famiglia ,si può ottenere un nuovo equilibri familiare e la costruzione di ragazzi capaci di sopportare le frustrazione della vita, capaci di reagine n maniera strategica alle avversità, di godersi le conquiste e l’indipendenza di assumersi le loro responsabilità , insomma dei figli realmente liberi di vivere .
Ilaria Cocci
Psicoterapeuta, Ricercatrice ufficiale e docente del Centro di Terapia Strategica
Acquaviva, S., Bellotti, E. G. & Saraceno, C. (1981). Ritratto di famiglia anni ’80. Bari: Laterza.
Bartoletti, A. (2013). Lo studente strategico. Milano: Ponte alle grazie.
Nardone, G., Giannotti, E. & Rocchi, R. (2001). Modelli di famiglia. Milano: TEA.
Nardone, G. (2012). Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Milano: Ponte alle grazie.
Watzlawick, P. & Nardone, G. (1997). Terapia Breve Strategica. Milano: Raffaello Cortina.